Tutela dei minori online: Pornhub come caso di scuola?

Beninteso, l’universo Pornhub non comprende solo l’omonimo portale ma anche altri siti di contenuti per adulti, fra cui GayTube, Peeperz, PornIQ, PornMD, RedTube, Thumbzilla, Tube8 e YouPorn. Ciascuno dei siti riporta il medesimo age gate, analoghi termini e condizioni, privacy policy e pagina relativa al parental control. Tutti sotto la gerente Aylo (precedentemente nota come MindGeek e Manwin), la quale è un colosso mondiale dell’intrattenimento per adulti da circa 20 anni e dopo il rebranding ha inteso porre una particolare attenzione all’aspetto della tutela dei minori.

Questo non si esaurisce ovviamente in un age gate, che altro non è che un sistema di verifica dell’età il quale può anche consistere in una autodichiarazione e l’accettazione di termini e condizioni d’uso del siot.

Siamo onesti, però. Davvero possiamo pensare che per i minori l’opzione di cliccare su “Ho 18 anni o più – Entra” sia così inarrivabile e possa costituire un impedimento efficace? Certo, le alternative sono decisamente meno rosee all’estremo opposto arrivano a richiedere una ID verification con acquisizione (anche a campione) di documenti. Il che è un costo così significativo che in Arkansas ad esempio si è preferita l’alternativa del geo-blocking. Business is business, dopotutto, e se implementare dei controlli si rivela più costoso dei guadagni, tanto vale bloccare ogni accesso.

I termini e condizioni d’uso prevedono infatti una verifica dell’identità solamente per gli utenti che intendono caricare contenuti:

con un successivo impiego della biometria, dichiarato nella stessa Privacy Policy dei siti, destinato anche all’age verification:

Controlli parentali: la chimera di un’opportunità.

Nella pagina dedicata ai controlli parentali tali sistemi vengono illustrati facendo riferimento a versioni desktop, mobile, nonché fornendo indicazione su software dedicati a tale scopo e servizi resi da parte di ISP. Viene da chiedersi se i controlli parentali siano una rassicurante chimera, o se altrimenti possano rivelarsi utili. Certamente, in carenza di un’educazione all’uso degli strumenti e all’accesso ai contenuti, sono destinati inevitabilmente a fallire. Possono integrare un’educazione già presente e attiva, insomma, e non sostituirla. Poiché comunque è compito di chi è responsabile del minore svolgere un’attività che può ben comprendere anche la sorveglianza e il divieto, ma che innanzitutto è e deve rimanere educativa.

E in Italia? Dopo l’intervento del Garante Privacy Pornhub ha aderito formalmente alle richieste avanzate dall’autorità di controllo, sebbene ci siano ancora alcuni punti da chiarire. L’AGCOM ha infine completato le Linee Guida per l’adozione dei sistemi di controllo parentale sebbene ciò abbia generato delle rimostranze soprattutto dal mondo degli ISP su cui andranno a gravare gran parte degli obblighi.

Sembra che si voglia fare con la norma la società, insomma. Ma Jean Cruet in La vie du droit et l’impuissance des lois ci ricordava che più di sovente avviene il contrario.

Cosa possiamo imparare

Se quello di Pornhub è un caso di scuola, ciò significa che qualcosa si dovrà pur imparare dunque. E non sarà nulla per cui si vadano a perdere diottrie, beninteso, ma desta qualche preoccupazione.

La tutela dei minori è un argomento dirompente. Può essere una leva di marketing per un rebranding che preveda più elevate tutele. O anche giustificare anche la sorveglianza di massa, come denunciano gli attivisti che si oppongono a ChatControl. Ma è una leva potente che potrebbe ben essere impiegata, ad esempio, per azioni di responsabilizzazione volte ad una diffusa educazione sociale. La quale precorre il digitale ma necessariamente dovrà includerlo, poiché nelle community online si vive gran parte della nostra vita e delle relazioni e soprattutto i cc.dd. nativi digitali rischiano di essere terribilmente fragili ed esposti.

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